La Pietra di Marius von Mayenburg

Marius von Mayenburg ha 39 anni ed è uno degli autori tedeschi più rappresentati al momento, e non solo in Germania. Autore in residenza e drammaturgo alla Schaubühne di Berlino, l’autunno scorso ha debuttato anche come regista della sua ultima pièce, Perplex.
In Italia alcuni suoi testi sono già andati in scena, anche se dalla ricerca che ho fatto mi sembra di capire che non ci sia stata una grande distribuzione. Le consuetudini dei tempi.

Qualche link alle messe in scena italiane, con sinossi e altre notizie: al Belli di Roma quest’anno Brutto e nel 2008 Vedere chiaro (Augenlicht); al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli già nel 2010 la prima nazionale di Brutto; nel 2000 Faccia di fuoco al Teatro OutOff di Milano e I parassiti al Teatro della Limonaia di Firenze (di cui non ho trovato link utili).

Io ho tradotto La pietra, il suo penultimo testo (del 2008), per cui mi limito a raccontare di questo, premettendo anche che non è mia intenzione fare della critica letteraria, ma semplicemente contribuire alla conoscenza e/o divulgazione di testi ancora inediti, solleticando se possibile qualche piccola curiosità.

Hannah (a Witha) Tu vuoi starci, qui?
Witha Dove?
Hannah In questa casa? In questa città?
Heidrun La nonna è vissuta in questa casa, certo che vuole stare qui.
Witha Dove? Dov’è che voglio stare?
Hannah Allora perché se ne sta seduta sotto il tavolo?
Heidrun Mamma? Perché stai seduta sotto il tavolo?
Hannah Prima non faceva così.
Witha Bimba mia, cosa fai ancora fuori?
Hannah Solo da quando siamo qui.
Witha Non senti le sirene? Mi metti una paura.
Hannah La nonna è di nuovo bombardata.
Heidrun Non c’è nessun bombardamento, mamma, al contrario, stanno ricostruendo tutto.
Witha Se vado in cantina crolla tutta la casa, diceva.
Hannah Non sembra che voglia stare qui.
Witha La sirena.

Nonna Witha, mamma Heidrun e nipote/figlia Hannah sono 3 dei 6 personaggi gravitanti attorno a un tavolo, in una stanza che cambia epoca ad ogni scena. Si va dal 1933 e si arriva al 1993, con varie tappe intermedie e sbalzi temporali continui, con cambi di scena/tempo collegati dal filo del discorso.
La vicenda vera e propria ruota attorno al possesso della casa in cui si svolge il dramma e tratta un po’ dello scheletro nell’armadio (tedesco), scoperto man mano attraverso il ricordo e anche il recupero vero e proprio di alcuni oggetti: la pietra, l’altalena, una medaglia al valore, delle lettere e, in un certo senso, anche la casa stessa.

La storia di famiglia ‘ufficiale’: nel ’35 Heidrun e il marito Wolfgang hanno aiutato il superiore di lui e la moglie Mieze, ebrei, a fuggire negli Stati Uniti, finanziandogli il viaggio attraverso l’acquisto della loro casa. Come ricompensa, Wolfgang viene prima colpito alla testa dal lancio di una pietra da parte di non meglio identificate figure naziste, infine viene casualmente e grottescamente ucciso da un mongolo festante durante la marcia dell’armata Rossa (su una Dresda mai nominata).
Nel ’93, tra rievocazioni ad memoriam dell’eroe di famiglia, le tre generazioni femminili congiunte riprendono finalmente possesso della casa. E lì comincia il brutto, perché a reclamare la casa arriva una quarta donna, Stefanie, che è vissuta lì col nonno fin dalla morte dei suoi genitori (avvenuta in un incidente d’auto) e che ora è sola perché il nonno non ha retto psicologicamente allo ‘sfratto’ ed è morto.

Ha un qualcosa del giallo questo testo, dove fin dall’inizio sono presenti i vari indizi (tra cui gli oggetti, alcuni veri e propri ‘corpi del reato’), che vengono però svelati man mano, soprattutto grazie a nonna Witha, che essendo ormai un po’ svampita finisce per raccontare come realmente sono andate le cose.
E naturalmente si finisce per scoprire che: 1. dopo avere disgustosamente mercanteggiato sull’acquisto della casa, Wolfgang e Witha avevano denunciato alle SA Mieze e il marito, mai arrivati in America; 2. la pietra non ha mai colpito Wolfgang, ma solo i vetri della casa; 3. lo stesso Wolfgang in realtà si è suicidato, lasciando una lettera d’addio che termina con “Heil, Hitler”; 4. la medaglia al valore disperatamente cercata da nonna Witha altro non è che una spilla con annessa svastica; 5. Witha si era vista costretta a scappare all’ovest con la figlia; 6. a ovest si erano rifugiati anche i genitori di Stefanie, che in realtà non erano morti ma avevano semplicemente abbandonato la figlia nella loro fuga.

Il testo è scritto bene, con dialoghi serrati e personaggi interessanti, e qui mi riferisco soprattutto a Witha e Mieze amiche-nemiche. I continui salti temporali lo rendono avvincente e risultano parecchio solleticanti rispetto a possibili soluzioni sceniche.
Non ne sono sicura, ma immagino che la tematica non sia una novità in Germania, oltre tutto la prima assoluta al Festival di Salisburgo non è stata proprio un grande successo, soprattutto, stando alle critiche, per via di una regia poco efficace. Certo è che scheletri negli armadi e contraddizioni da coscienza storica non mancano neppure nel nostro Bel Paese, per cui penso che La pietra, oltre che essere un testo interessante, potrebbe rivelarsi perfino utile.

L’autore è tutelato dalla Zachar International, per chi si fosse incuriosito, la traduzione è disponibile in lettura. Scrivete.